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Sabato 24 settembre
Ore 20.30 | Piccolo Teatro Grassi | ITALIA

NATURA MORTA CON ATTORI

di Fabrizio Sinisi
con Alessandro Averone, Federica Sandrini
regia Alessandro Machìa
scene Michela Bevilacqua
costumi Sara Bianchi
assistente alla regia Elisa Caminada
ufficio stampa Monica Brizzi
produzione Compagnia Lombardi-Tiezzi in collaborazione con AC Zerkalo Teatro

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Fabrizio Sinisi

Un uomo e una ragazza. Matteo e Marta. Marta sogna di fare l’attrice ma si prostituisce, e cerca in maniera febbrile la via per la santità: «come Santa Pelagia che coperta d’oro lottò col buio e vinse». Matteo in passato forse scriveva poesie, ora fa il killer di poeti perché la loro presenza gli ricorda «la mia assenza da questo mondo, da ogni mondo». Si conoscono in internet e decidono di incontrarsi, ma sembrano essersi già incontrati anni prima: a Venezia, durante una manifestazione studentesca. Dall’incontro nasce un dialogo disperato, feroce, destinale, alla ricerca della verità, la verità con sé stessi e con gli altri, «l’assoluta e radicale sincerità», la sola possibile per poter davvero essere qualcosa e non un simulacro, come si sente Matteo ogni qualvolta incomincia a parlare.

Note di regia
Natura morta con attori è un testo bruciante, di rara bellezza, che ci interpella, ci chiama in causa, ci riguarda profondamente perché sin dal principio ci costringe a pensare un impensato, un pensiero vertiginoso: a ciò che forse siamo stati in un tempo lontano, un tempo ipotetico prima della rappresentazione, prima del linguaggio, e che ora non siamo più; persi nel vortice dei simulacri, nella spettacolarizzazione del mondo (tappa finale del compimento dell’impolitico), nei giochi linguistici delle parole di cui non possediamo più il senso. È in virtù di questo esercizio del pensiero che possiamo parlare di Natura morta come di un testo politico.
La prima sensazione che si ha leggendolo è una profonda, assoluta, nostalgia di sé e di quel Senso che noi abbiamo rinunciato a cercare e che i due protagonisti, durante il tempo del dramma, sono chiamati a fare al posto nostro, sfinendosi di parole come a cercarne il limite, il punto esatto in cui il linguaggio brucia. Scritto magnificamente da Fabrizio Sinisi, il dramma tocca con un’urgenza insopprimibile tutti i grandi temi che attraversano la storia della drammaturgia e del pensiero: il problema dell’essere e del non essere, dell’identità e della verità, del linguaggio in rapporto al mondo e alle sue possibilità di descriverlo. Ma è soprattutto d’amore che si parla: l’amore come abbandono, come unica possibilità di essere, fuori da ogni rappresentazione di se stessi.
La rappresentazione, il rappresentarsi, che sembra essere diventata la sola modalità con la quale incontriamo gli altri e il mondo, è in un certo senso l’antagonista di questo testo. Un quasi noir quello di Sinisi, che sarebbe noir se non ci parlasse in modo così intimo, quasi scabroso, del Senso.
Una scrittura magistrale che va alla radice della conditio humana per finire con la speranza della salvezza, come quella parola ultima e definitiva capace di mettere a tacere ogni altra parola, «in un silenzio pieno di gioia».

Fabrizio Sinisi (1987) vive e lavora tra Bari e Firenze. È poeta, drammaturgo, giornalista e critico letterario. Laureato con una tesi sul teatro di Giovanni Testori, ha lavorato come dramaturg a numerose messinscene: fra le altre si ricordano I promessi sposi alla prova di Giovanni Testori e l’opera lirica Lo stesso mare di Fabio Vacchi e Amos Oz, Non si sa come di Luigi Pirandello per la regia di Federico Tiezzi. Nel 2011 ha scritto i prologhi e curato la drammaturgia del Woyzeck di Georg Buchner a cura di Federico Tiezzi. È dramaturg stabile della Compagnia Lombardi – Tiezzi e del Teatro Laboratorio della Toscana. Collabora con diversi registi, tra cui Gianpiero Borgia, Franco Branciaroli, Arturo Cirillo, Otello Cenci, Luca Lazzareschi e Alessandro Machìa.

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